Ettore Novellino

Gli ultimi dati della Svimez sull’economia del Mezzogiorno dicono che il nuovo volto dell’emergenza lavoro e sviluppo al Sud si chiama desertificazione industriale. Da qui ai prossimi dieci anni (magari anche prima), in mancanza di una politica capace di radicare al Sud investimenti e innovazione ci sarà, secondo il centro studi per lo sviluppo del Mezzogiorno, una progressiva spoliazione dai grandi sistemi industriali, gli unici capaci di attrarre  investimenti per lo sviluppo e di connettere in rete il tessuto di Piccole e medie imprese. Per il Mezzogiorno, invece, secondo alcuni imprenditori ed esperti analisti, ci vuole meno Stato e più innovazione da parte del tessuto imprenditoriale in sinergia con il sistema dell’alta formazione.  Un esempio sono i recenti ingenti investimenti di Alenia nel polo industriale di Nola, un centro di produzione ad alta automazione che dà lavoro a varie centinaia di addetti ad alta qualificazione formatisi nelle Università meridionali , Un esempio di come il Sud può funzionare grazie al capitale privato, alla qualità della ricerca e dell’innovazione in piena sinergia tra azienda, enti locali ed indotto. E senza aiuti di Stato. La chiave di tutto sembra essere, ancora una volta, la qualità. Espressa in ogni aspetto della filiera che congiunge la formazione, il lavoro, gli investimenti, la produzione e la ricerca. E di tutto ciò l’innovazione non è che uno sbocco inevitabile.  
Ettore Novellino, ordinario di Farmacia alla Federico II e già preside della facoltà, di ricerca e innovazione se ne intende: Il Sud ha grosse potenzialità – avverte Novellino in quest’intervista a Chimici on-line  - e i suoi giovani, i laureati che escono dalle Università del Mezzogiorno, sono tra i migliori  al mondo. Non a caso il filo rosso che li unisce attraverso le pubblicazioni sulle riviste più prestigiose e gli incarichi che conquistano in contesti ad alta competitività e meritocrazia, sono al vertice dell’establishment accademico mondiale. Ma per loro non c’è sbocco. Il sistema è bloccato. E questo è un male. Per tutti, anche per chi non dà spazio alle nuove energie che nascono nei centri di alta formazione della nostra regione e che pure continuano ad esprimere una qualità eccellente. 

Qual è il male peggiore del Sud e della Campania?

La fuga di cervelli: depaupera il nostro territorio e in tempi di crisi dura come questo non potersi avvalere della qualità umana come principale risorsa per il cambiamento ci condanna senza appello. Il Sud e l’Italia hanno molte potenzialità. E’ il sistema organizzativo, la struttura burocratica a non essere adeguata. Tutto l’architrave della pubblica amministrazione è obsoleto e non adatto a competere. Una zavorra che sembra invincibile.

A cosa si riferisce esattamente?

Alla macchina burocratica amministrativa del sistema degli enti pubblici. Dallo Stato alle Regioni al più piccolo degli locali. Una filiera nella quale la qualità è un miraggio: e non è solo una questione di uomini ma di impianto organizzativo.

Cosa va cambiato?

Il sistema che va dal reclutamento all’impiego.

Propone di eliminare i concorsi?

Guardi, nella pubblica amministrazione si entra per concorso, è vero, ma le competenze necessarie per superare questo scoglio iniziale si cristallizzano al momento dell’esame, al superamento di quitz e colloquio. Anche il miglior funzionario si ferma qui e affida al fai-da-te ogni eventuale necessità di aggiornamento. Da lì in poi nessuno controlla. Nessuno valuta i risultati. Il lavoro è a tempo indeterminato qualunque cosa accada. In nessun sistema che innova, cresce e muta nel segno della qualità accade questo.

E allora?

Le racconto prima un aneddoto…

Ok, va bene, sentiamo

Un giorno sono andato in Regione, a Palazzo Santa Lucia: salgo ad uno dei piani e non trovo quasi nessuno negli uffici. Il deserto. Ad un certo punto da un corridoio spunta un funzionario. Chiedo spiegazioni. Quello mi risponde: “Io la fatica l’ho già fatta per trovare il posto, Ora mi devo riposare”. Sembra una battuta ma non lo è. Nasconde una cultura ferocemente radicata nella pubblica amministrazione del nostro paese. 

Si riferisce alla mentalità del posto fisso?

Sì, poteva andare bene 30 anni fa. Oggi con il mondo che cambia in fretta è del tutto inadeguato. L’uomo è un animale abitudinario. Dunque bisogna cambiare le sue abitudini.
Bisogna fare verifiche e riscontri. Ma chi non ce la farà a tenere il passo non può e non deve sbarrare la strada all’ingresso degli altri. E questo vale nel settore pubblico come in quello privato. Se per sbrigare 100 pratiche occorrono 10 persone e ce ne sono invece 15 si è aumentato il costo della produzione ma l’efficienza e l’economicità sono peggiorati. E non posso nemmeno far entrare i bravi. 

E allora?. Un sistema bloccato.

Appunto, altro che qualità. E la garanzia per chi non ha voglia e capacità di fare meglio. Un formidabile sistema per bloccare l’innovazione di un paese. Se l’Italia e il Sud in particolare non sciolgono questo nodo non ce la faremo. Le energie vanno liberate. 

Perché, allora, se è così perniciosa, la burocrazia impera a dispetto di qualunque spending- review? 

Perché serve a creare clientelismo. Il sistema democratico è imperfetto, i sistemi di conquista del consenso non passano per la qualità delle idee e delle azioni ma per la quantità. E poi la burocrazia è una droga. A mio avviso genera una dipendenza psicologica. 

Cosa intende esattamente?

Qualunque trafila per ottenere un determinato risultato viene prima o poi abbandonata. Che si tratti di ottenere il pagamento di un credito non pagato o di aprire un negozio, le lungaggini, l’ottusità delle norme e le complicazioni che comportano rappresentano a un certo punto  un formidabile dissuasore. E il rispetto delle regole se ne va a farsi benedire.  Qui inizia un percorso di aggiramento delle norme che poi diventa la regola. Basta rivolgersi al politico amico, garantirgli visibilità e consenso, diventare suo “cliente” per sciogliere i nodi della burocrazia. 
      
Abbiamo fatto la diagnosi, pensiamo ora a una cura.

Servirebbe snellire la macchina burocratica, eliminare gli uffici inutili. Spostare risorse umane laddove non è possibile licenziare e poi creare reali sistemi di motivazione e meritocrazia. Prima dobbiamo fare in modo n lavoratore faccia e produca poi effettuare i controlli. 

E nel privato, nelle professioni? Come si attua questa rivoluzione del possibile?

Anche nelle professioni c’è bisogno di una svolta.  Pensiamo alla Sanità: siamo fermi ad un sistema di dieci o venti anni fa. Gli aggiornamenti sono latitanti e si risolvono anche qui in un adempimento burocratico. Gli incentivi servono in positivo ma anche per dissuadere taluni comportamenti.  

Ma abbiamo una sanità che è seconda al mondo per qualità e universalità di accesso.

Questo è vero perché le realtà emergono indipendentemente dal sistema. Però poiché tutto è gratuito nessuno lo apprezza e pochi lo usano in maniera corretta. 

La Campania può tornare a essere la regione capitale del Mediterraneo?

La Campania sconta la criminalità e il blocco sociale. Nessun progetto su questo fronte oltre la repressione, la routine. Nessun intervento culturale. Anzi: c’è un livellamento verso le cattive abitudini. La contaminazione culturale dovrebbe essere molto più ampia e pervasiva di quella assicurata da una metropolitana che da Scampia porta al Vomero. Anche qui ci vuole innovazione, qualità e ricerca. Che si tratti di chimica, di fisica o di sociologia la formula non cambia. 
I giovani intanto vanno all’estero…
Se qui c’è una diga il flusso scorre altrove. L’energia e l’intelligenza non possono essere fermati o imbrigliati. Se so di valere cerco un luogo dove le mie capacità siano apprezzate e le mie ricerche utilizzate e remunerate. 
Le nostre università hanno le loro colpe
Sì, cerfo. Ottime per la formazione ma poi anch’esse non fanno entrare i bravi. E progressivamente perdono terreno anche loro.

Come funziona negli altri Paesi?

In Francia, Germania, negli Usa posizioni di responsabilità sono sempre a tempo determinato con contrattazione individuale. Quello che uno vale quello ottiene e deve sempre dimostrare di continuare a valere. Altrimenti il contratto viene rescisso. Nulla può essere e vita. E così anche per le posizioni intermedie. Premiare il merito è una molla indispensabile per incrementare la produzione e migliorarla e se chi dirige non ha la possibilità di premiare a un certo punto dovrà fare i conti con un arretramento. Perché per tenere un giovane di valore le pacche sulle spalle a un certo punto non funzionano più.

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